Francesco Guccini ha raccontato parte della storia del padre Ferruccio, insignito con una medaglia dal presidente Mattarella nella Giornata della Memoria.
Nel Giorno della Memoria, Ferruccio Guccini, padre del celebre cantautore Francesco Guccini, è stato insignito di una medaglia al valore dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Per questa importante occasione, l’artista emiliano ha voluto raccontare, in un’intervista al Corriere della Sera, una parte della sua storia, per far capire cosa ha dovuto vivere: “Credo che abbia visto cose talmente disumane da non poter essere raccontate. Cercavo di scorgere in lui ogni traccia di sofferenza, ma Ferruccio era bravissimo a dissimulare, a non trasformare quella tragedia in retorica. Quella era un’altra generazione“.
Francesco Guccini parla del padre
Eroe di guerra, Ferruccio venne catturato a Corinto dopo l’8 settembre 1943 e deportato per il suo essersi schierato contro il nazifascismo, rifiutandosi di aderire alla Repubblica sociale.
Per questo motivo ha ricevuto una medaglia al valore nella Giornata della Memoria. Queste le parole di Francesco al riguardo: “I riconoscimenti ufficiali gli facevano piacere, certo, ma non se ne vantava. Pensi che quando lo hanno fatto Cavaliere della Repubblica, mia madre gongolava, mentre lui si schermiva. Quando poi è morto, mamma ha fatto incidere il titolo di Cavaliere sulla sua lapide. Mi sono messo le mani nei capelli e le ho detto: ‘Mamma, ma guarda che ora lui si rivolta nella tomba’“.
La prigionia di Ferruccio Guccini
Della sua esperienza da deportato, il signor Ferruccio non parlava mai, nemmeno con i propri familiari. La sua vita da soldato cercò di metterla da parte, di dimenticarla, e molti ricordi si sono persi nei vari traslochi di famiglia. Ma Francesco qualcosa riesce a far riemergere alla memoria: “Ha lasciato un piccolo quaderno della prigionia. In queste pagine, con una grafia minuta e precisa, nel campo aveva annotato delle ricette. E sa perché? Perché non voleva perdere il ricordo dei sapori, dei profumi buoni“.
Ad altri deportati, ad esempio, raccontava dei tortellini che aveva mangiato nei suoi giorni migliori, per cercare di tener vivo il ricordo dei sapori del cuore. Ma l’esperienza tedesca gli aveva insegnato anche ad apprezzare dell’altro. Racconta ancora il cantautore emiliano: “Una volta sono andato a suonare in Germania e prima che partissi lui mi disse: ‘Mi raccomando, quando sei lì assaggia il cavolo rapa, è buonissimo. E io non capii subito. Dire che il cavolo rapa è una specialità mi sembrò un’affermazione assurda, ma poi ho colto il vero senso di quelle parole“. Di seguito Van Loon, la canzone dedicata al padre: